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L’inventario degli archivi dell’Ambasciata e del consolato generale d’Italia a Istanbul, uno strumento inedito per la storia del Mediterraneo

Inv_ambIT_Istanbul_1847-1925

(Une traduction française de ce billet par F. Jesné  est disponible ci-dessous).

 

La conservazione del patrimonio archivistico-documentario degli istituti diplomatici rappresenta un obiettivo imprescindibile per la ricerca storica, ma spesso di difficile attuazione. A fronte della dispersione geografica dei fondi e delle difficoltà incontrate dagli archivi statali per riprendere possesso della documentazione di ambasciate, legazioni e consolati situati al di fuori dei confini nazionali, risulta spesso decisivo il contributo di enti esteri (pubblici e privati) e della comunità scientifica internazionale. Il presente fondo d’archivio, intitolato alla Regia Ambasciata d’Italia, è emblematico di come la sinergia di istituzioni scientifiche e culturali diverse possa, in determinate occasioni, realizzare importanti progetti di recupero e di tutela su scala internazionale.

A dispetto del nome, tali archivi contengono per la maggior parte documenti prodotti dal Consolato Generale d’Italia a Costantinopoli, ma conservati fino agli anni 2000 nella villa di Terapia, sede estiva dell’Ambasciata d’Italia. Le vicissitudini dell’Ambasciata d’Italia, che dal 1861, prese il posto e le funzioni della legazione e del consolato del Regno di Sardegna nella città ottomana, spiegano almeno in parte tale contraddizione. Nella prima metà del XX secolo, l’ambasciata conobbe una serie di trasferimenti, in seguito a nuove acquisizioni di immobili (dopo la Prima Guerra mondiale, l’Italia riprese possesso del Palazzo di Venezia e vi trasferì la sede diplomatica al 1919), in parte alla nominazione di Ankara quale nuova capitale della Turchia kemalista. I frequenti trasferimenti di fondi da una sede all’altra portarono a una certa confusione e dispersione dei fondi: da cui l’attribuzione opinabile di fondi consolari all’Ambasciata d’Italia.

Nel 2007, l’istituto culturale “SALT Galata” di Istanbul inaugurò un progetto di conservazione e valorizzazione di questo fondo che si protrasse fino al 2013. L’archivio, che era stato ceduto a un libraio, venne acquisito in blocco, catalogato in lingua turca e inglese, digitalizzato integralmente e pubblicato in libero accesso sul sito dell’istituto, all’interno di una collezione di archivi di associazioni politico-culturale di Istanbul tra Otto e Novecento. In un secondo momento, la rete di ricerca “La fabrique consulaire” si è occupato della traduzione e dell’ampliamento degli strumenti di ricerca, reso possibile grazie a un finanziamento dell’École française de Rome. Tra il 2020 e il 2021, è stata realizzata una nuova versione dell’inventario, tradotta in italiano e con notevoli approfondimenti della corrispondenza consolare. Infine, tra il 2021 e il 2022, l’inventario è stato riorganizzato secondo i principi archivistici internazionali (norma ISAD-G) e collegato direttamente con i fondi digitali del SALT, concludendo un percorso corale di conservazione.

Lo strumento di ricerca messo a disposizione del pubblico di ricercatori e amatori si propone di guidare sia i ricercatori scientifici che gli eruditi all’interno di un fondo complesso, ma di indubbio interesse storico e culturale. Punto di riferimento di una dinamica comunità italiana, la rappresentanza d’Italia a Istanbul si poneva al crocevia di istanze eterogenee legate allo statuto degli Italiani nell’Impero ottomano.  I diritti riconosciuti ai cittadini italiani nell’Impero vi erano particolarmente infatti estesi (il trattato del 10 luglio 1861 garantiva al Regno d’Italia la clausola della nazione più favorita, e la proroga delle capitolazioni concesse al Regno di Sardegna[1]) e includevano l’inviolabilità di domicilio, la totale esenzione dalla giurisdizione locale e l’immunità personale. Per queste ragioni, all’ambasciata si affiancavano diversi uffici consolari e tribunali, incaricati dell’amministrazione dello stato civile, della gestione di vertenze giudiziarie e dell’assistenza materiale ai connazionali. È proprio nella produzione documentaria di questi enti complementari, che include una corposa corrispondenza con privati, società commerciali ed enti pubblici, che risiede il valore del fondo. Se da un lato esso permette di guardare più da vicino il microcosmo delle comunità levantine nel loro concreto divenire, dall’altro fornisce fonti inedite per studiare le dinamiche degli Italiani giunti a Costantinopoli per affari, lavoro, missioni, questioni personali o vertenze giuridiche. Un mondo itinerante ed eterogeneo che contribuiva, a cavallo tra la prima metà dell’Ottocento e la Grande Guerra, a fare dell’Impero Ottomano uno dei centri della mondializzazione dell’epoca.

Da un punto di vista patrimoniale, il recupero degli archivi dell’Ambasciata d’Italia a Istanbul invita dunque a valorizzare due aspetti. Il primo è la collaborazione di istituti scientifico-culturali del bacino mediterraneo (SALT, École française de Rome, rete “La fabrique consulaire”) nel promuovere iniziative di interesse collettivo. Il secondo è la priorità della digitalizzazione degli archivi e della loro pubblicazione – nel rispetto delle normative nazionali e internazionali – secondo una logica open-source. In questa prospettiva, la riorganizzazione del fondo ha rappresentato un ottimo esempio di traduzione concreta delle recenti direttive europee in favore della “science ouverte” e della diffusione di un sapere scientifico trasparente, accessibile e interoperabile.

 

 

L’inventaire des archives de l’ambassade et du consulat général d’Italie à Istanbul, un instrument inédit pour l’histoire de la Méditerranée

 

La préservation du patrimoine archivistique des institutions diplomatiques est un objectif aussi essentiel pour la recherche historique que difficile à atteindre. Compte tenu de la dispersion géographique des fonds et des difficultés rencontrées par les archives d’État pour rentrer en possession de la documentation des ambassades, légations et consulats situés hors de leurs frontières, la contribution d’organismes étrangers publics et privés et de la communauté scientifique internationale est souvent décisive. Le fonds d’archive relatif à l’ambassade royale d’Italie à Constantinople est emblématique de la manière dont la synergie entre différentes institutions scientifiques et culturelles peut, en certaines occasions, permettre de réaliser d’importants projets de sauvegarde documentaire à l’échelle internationale.

Malgré leur nom, ces archives contiennent surtout des documents produits par le consulat général d’Italie à Constantinople, mais conservés jusque dans les années 2000 dans la villa de Thérapie, résidence d’été de l’ambassade d’Italie. Les vicissitudes de l’ambassade d’Italie, qui, à partir de 1861, hérite du siège et des fonctions de la légation et du consulat du royaume de Sardaigne dans la ville ottomane, expliquent, au moins en partie, cette contradiction. Dans la première moitié du XXe siècle, l’ambassade a connu une série de transferts, à la suite de nouvelles acquisitions de biens (après la Première Guerre mondiale, l’Italie a repris possession du Palazzo di Venezia et y a transféré le siège diplomatique en 1919), et en raison du choix d’Ankara comme nouvelle capitale de la Turquie kémaliste. Les fréquents transferts de fonds d’un siège à l’autre ont entraîné une certaine confusion et dispersion documentaire : d’où l’attribution discutable des fonds consulaires à l’ambassade d’Italie. En 2007, l’institut culturel SALT Galata à Istanbul a lancé un projet de préservation et de valorisation de cette collection, qui a duré jusqu’en 2013. Les archives, qui avaient été vendues à un libraire, ont été acquises en bloc, cataloguées en turc et en anglais, entièrement numérisées et publiées en accès libre sur le site web de l’institut, dans le cadre d’une collection d’archives d’associations politiques et culturelles à Istanbul entre les XIXe et XXe siècles. Dans un second temps, le réseau de recherche « La fabrique consulaire » s’est chargé de la traduction et de l’élargissement des outils de recherche, rendus possibles grâce à une subvention de l’École française de Rome. Entre 2020 et 2021, une nouvelle version de l’inventaire a été produite, traduite en italien et avec une analyse considérablement approfondie de la correspondance consulaire. Enfin, entre 2021 et 2022, l’inventaire a été réorganisé selon les principes archivistiques internationaux (norme ISAD-G) et directement relié aux collections numériques du SALT, concluant ainsi un travail collectif de valorisation.

L’outil de recherche mis à la disposition de la communauté scientifique et du public curieux vise à guider les chercheurs et les érudits à travers une collection documentaire complexe mais présentant un intérêt historique et culturel indéniable. Point de référence d’une communauté italienne dynamique, la représentation italienne à Istanbul recevait régulièrement un grand nombre de demandes hétérogènes liées au statut des Italiens dans l’Empire ottoman.  Les droits accordés aux citoyens italiens y étaient particulièrement étendus (le traité du 10 juillet 1861 garantissait au Royaume d’Italie la clause de la nation la plus favorisée et le maintien des capitulations accordées à la Sardaigne) et comprenaient l’inviolabilité du domicile, l’exemption totale de la juridiction locale et l’immunité personnelle. Pour ces raisons, l’ambassade était flanquée de divers bureaux consulaires et tribunaux, chargés de gérer l’état-civil, de traiter les litiges juridiques et d’apporter une aide matérielle aux ressortissants. La valeur de ces archives réside alors dans la production documentaire de ces organismes complémentaires, qui comprend une vaste correspondance avec des particuliers, des sociétés commerciales et des organismes publics. Si, d’une part, elle nous permet d’observer au plus près le microcosme des communautés « levantines » dans leur évolution quotidienne, d’autre part, elle fournit des sources inédites pour étudier la dynamique des Italiens qui se rendaient à Constantinople pour le négoce, la recherche d’emploi, l’activité missionnaire, ou encore affaires personnelles et litiges juridiques. On peut ainsi observer un monde itinérant et hétérogène qui a contribué, entre la première moitié du XIXe siècle et la Grande Guerre, à faire de l’Empire ottoman l’un des centres de la mondialisation de l’époque.

D’un point de vue patrimonial, la préservation des archives de l’ambassade d’Italie à Istanbul invite à valoriser deux aspects. Le premier est la collaboration d’institutions scientifiques et culturelles du bassin méditerranéen (SALT, École française de Rome, réseau de recherche « La fabrique consulaire ») à travers une initiative d’intérêt collectif. Le second est la priorité accordée à la numérisation des archives et à leur publication – dans le respect des réglementations nationales et internationales – selon une logique de source ouverte. Dans cette perspective, la réorganisation du fonds constitue un excellent exemple d’application des récentes directives européennes en faveur de la « science ouverte » et de la diffusion de connaissances scientifiques transparentes, accessibles et interopérables.

[1] Arduino Marcello, Consoli, consolati e diritto consolare, Manuali Hoepli, Milano, Hoepli, 1908, p. 96‑97.


OpenEdition vous propose de citer ce billet de la manière suivante :
Martino Oppizzi (21 mars 2022). L’inventario degli archivi dell’Ambasciata e del consolato generale d’Italia a Istanbul, uno strumento inedito per la storia del Mediterraneo. Consoli. Consulté le 15 juin 2025 à l’adresse https://doi.org/10.58079/n2ra


Martino Oppizzi

Titulaire d’un Doctorat en Histoire contemporaine et d’un Master 2 Archives, Martino Oppizzi a soutenu sa thèse, « Les Juifs italiens de Tunisie pendant le fascisme (1921-1943) » le 27 novembre 2017. Sa recherche a été rédigée sous la direction de Mme Marie-Anne Matard-Bonucci et en cotutelle avec l’Université de Florence, sous la co-direction de M. Nicola Labanca. Son projet de post-doc, « Après la tempête. La dispersion des Juifs italiens de Tunisie après la Seconde Guerre mondiale (1943-1967) : formes spatiales et mentales », actuellement en phase de rédaction, a bénéficié entre 2018 et 2020 d’une bourse de la Fondation pour la Mémoire de la Shoah. Ses recherches portent sur l’histoire politique et sociale de l’Italie fasciste, les communautés d’émigration en Afrique du Nord, les circuits méditerranéens des Juifs séfarades et les identités nationales et religieuses dans la Tunisie coloniale.

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